29.10.2020

I famosi

Firme d'artista

Quando design vintage fa rima con interdisciplinarietà: un tuffo nel passato alla scoperta di arredi, progettisti e aziende che sul rapporto tra arti visive e design hanno costruito i presupposti di importanti sodalizi e produzioni di successo.

Il design è una forma d'arte? Il dibattito va avanti da molti decenni senza mai stancare critici ed esperti, a dimostrare che, di fatto, non esistono né risposte univoche, né confini netti tra design e arte. E’ indubbio che tra le due discipline si instauri sovente una tensione positiva e produttiva: se fiere ed eventi dedicati al design fanno emergere quanto i designer siano sempre più inclini al superamento dei propri “limiti” tramite la realizzazione di oggetti unici e carichi di licenze artistiche, l'altra faccia della medaglia sono proprio gli artisti contemporanei che, cogliendo il potenziale della produzione industriale, firmano per le aziende edizioni limitate di arredi, oggetti e prodotti per la casa.

La storia del design italiano è ricca di personalità poliedriche che hanno saputo muoversi con disinvoltura tra i vari ambiti incoraggiando i collegamenti tra discipline, primo fra tutti Gio Ponti nella collaborazione con Piero Fornasetti, affiancato da amici come Bruno Munari, noto per la piacevole ambiguità che scaturisce dalle sue opere fantasiose, che per quanto funzionali non mancano mai di poesia, e che per questo restano sospese, lontane da classificazioni forzate.

Sono stati i personaggi come Ponti e Munari a intercettare le energie provenienti da diverse discipline veicolandole in collaborazioni e progetti unici ed eclettici. Ad esempio, scopriamo che nel 1956 fu proprio Munari ad avvicinare Joe Colombo, che proveniva da esperienze legate all'arte del movimento nucleare, al MAC/Espace, un’associazione che aveva come scopo la valorizzazione dell'arte all'interno dei processi di industrial design. E fu da questo frangente che Colombo intraprese una volta per tutte la strada di designer che lo portò alla realizzazione di arredi dall’inconfondibile fascino fantascientifico e avveniristico.  

Osservando gli oggetti presenti su intOndo, ci accorgiamo quotidianamente di quanto il binomio arte-design sia un universo totalmente fluido, venuto a consolidarsi nel secondo dopoguerra, in particolare negli anni '60 e '70. I dialoghi, i collegamenti e le reciprocità instaurate tra artisti, designer e aziende durante queste decadi, sono in molti casi vere e proprie amicizie, rapporti duraturi da cui hanno preso vita oggetti, progetti e mostre iconici. Ci riferiamo ad esempio a Nanda Vigo, scomparsa lo scorso maggio all'età di 83 anni, che descriveva il concepimento delle sue opere e allestimenti luminosi come imprescindibile dalle esperienze lavorative maturate con i suoi maestri Lucio Fontana e Gio Ponti, e dal suo percorso di vita personale come compagna di Piero Manzoni.

C’è poi Enzo Mari, venuto a mancare proprio nei giorni scorsi all'età di 88 anni, proveniente da un background totalmente artistico che lo portava a mettere il bello al centro di ogni sua creazione: sfruttando l'uso dei procedimenti tecnologici al fine di creare sempre un’esperienza coinvolgente, Mari metteva al centro dell’opera il suo fruitore, rendendolo protagonista attivo e manipolatore dell’oggetto. 

Anche quando la forma di un arredo è puramente asservita alla funzionalità, non significa che esso non lasci intravedere uno slancio artistico tramite una finitura particolare, nelle proporzioni attentamente bilanciate, o più esplicitamente attraverso la stampa di un’opera d'arte sulla sua superficie, come nel caso delle credenze di Sandro Chia, uno dei più importanti membri della Transavanguardia, realizzate per Cleto Munari Design Associati a partire dal 2009. 

Questa è soltanto una breve carrellata di nomi e oggetti che riflettono che, ad accomunare artisti e designer fosse prima di tutto l'intento di interpretare i sentimenti, le problematiche e le esigenze di un'epoca soggetta a profondi cambiamenti sociali. Sull'onda dei movimenti di contestazione della fine degli anni '60, ne sono stati un esempio collettivi di rottura e provocatori come Superstudio o il Gruppo Memphis, promotori di un’estetica del design che andava oltre la “semplice” funzione dell'oggetto osannata dalla cultura di massa, sdoganando nuove forme espressive. Anche le produzioni di Gaetano Pesce, con le loro sperimentazioni su materiali e forme, emergono nel soco dell 'interesse del designer per la scultura.

Al di là di dibattiti e teorie restano gli aneddoti e le storie tramandati da designer e direttori di marchi in cui ci siamo imbattuti analizzando il mobile rispetto all’arte. Scopriamo così che Dino Gavina, fondatore dei prestigiosi marchi Gavina SpA e Flos, soleva attribuire il merito dei suoi successi imprenditoriali all’incontro con l'artista Lucio Fontana negli anni '50, occasione che gli aveva aperto una finestra sul mondo dell'architettura e delle avanguardie artistiche del '900. Dalla frequentazione con l’artista Roberto Sebastian Matta per esempio, era nato il sistema modulare di poltrone e pouf Malitte del 1965: i suoi elementi, evocativi delle forme sinuose del Surrealismo, si possono combinare tra loro in verticale formando una scultura-puzzle dinamica e giocosa.