14.03.2024

Il Pritzker Prize: un viaggio attraverso le icone dell'architettura

Ripercorrendo alcune tappe di questo prezioso riconoscimento, "il Nobel dell'architettura", si scoprono affascinanti connessioni tra i progetti dei grandi archistar e i loro capolavori di design. Una testimonianza tangibile del legame profondo tra architettura e design d'interni.

Nato nel 1979, il prestigioso Pritzker Prize rappresenta il simbolo dell'eccellenza nel mondo dell'architettura, il più grande tributo alla creatività e al talento degli architetti di spicco a livello internazionale. Istituito dalla famiglia Pritzker di Chicago, magnate dell'industria alberghiera americana, attraverso la fondazione di famiglia, la Hayatt Foundation, questo riconoscimento è spesso descritto come il Nobel dell'architettura; esso conferisce a un architetto vivente non soltanto il prestigio di entrare nella storia dell’architettura, ma una somma di 100.000 dollari (USA) accompagnata da un medaglione di bronzo.

L’iniziativa è emersa, non a caso, nella città in cui è nato anche il primo grattacielo della storia! L’Home Insurance Building, ultimato nel 1885 dall’architetto William Le Baron Jenney, appartenente alla rivoluzionaria Scuola di Chicago, non è nulla in confronto ai colossali e altissimi grattacieli contemporanei (misura solo 42 metri di altezza), ma per l’epoca era un edificio a dir poco avveniristico!

In maniera del tutto filologica, la cerimonia di assegnazione del Pritzker Prize di quest’anno, che ha  insignito del Pritzker Prize 2024 l’architetto giapponese Riken Yamamoto, oggi 78enne, ha avuto luogo proprio a Chicago presso l’Art Institute, il secondo museo d'arte degli Stati Uniti. La location è sempre diversa di anno in anno, offrendo scenari sempre unici, che rendono omaggio a epoche e stili diversi dell'architettura. 

Ripercorrendo 45 anni di vincitori e le loro biografie, emergono le storie legate ad alcune delle tappe fondamentali della storia dell’architettura: il primo vincitore del Pritzker, nel 1979, è stato l'architetto statunitense Philip Johnson, all'epoca 72enne, noto soprattutto per la mitica Glass House a New Canaan, Connecticut, una perla dell'architttura modernista progettata nel 1949.

L’Italia invece, ha avuto il suo trionfo nel 1990 con la vincita dell’architetto milanese Aldo Rossi, che ha lasciato un segno indelebile con progetti nazionali e internazionali, tra cui il vivace e colorato complesso di edifici nello Schutzenquartier di Berlino. Otto anni dopo, è stata la volta di un altro italiano noto nel mondo: Renzo Piano, che ha ottenuto il premio grazie a progetti iconici come il Centre Pompidou a Parigi e il New York Times Building a Manhattan.

Sapete chi è stata la prima donna a essere insignita del Pritzker Prize? A ben 26 anni dalla creazione del premio, nel 2004 a essere premiata è stata l’architetta di origine irachena e cittadina britannica Zaha Hadid, autrice di opere del calibro dell’iconico Museo MAXXI di Roma. L’ultimo Pritzker al femminile invece, risale al 2020 con il duo formato da Yvonne Farrell e Shelley McNamara di Grafton Architects, autrici, tra gli altri, del progetto per il nuovo edificio dell’Università Bocconi di Milano.

Molti dei vincitori del Pritzker hanno lasciato una impronta indelebile non solo nei loro straordinari skyline… ma anche nell'intimità dei nostri spazi quotidiani, creando pezzi di design unici, testimoni di un profondo legame tra l'architettura e il design d'interni. Sempre più spesso, i nomi di questi maestri fanno capolino nelle aste di design, negli stand di prestigiose fiere di arredamento o esposti nei musei in veste di progettisti di mobili e oggetti per la casa. Mettendo a confronto un edificio e un oggetto creati dallo stesso autore, emergono sinergie, collegamenti inaspettati, dialoghi tra discipline, nuovi spunti per progetti e ispirazioni per i nostri spazi.

 Prendiamo ad esempio le forme minimaliste del tavolo Nomos progettato da Norman Foster (vincitore del Pritzker Prize nel 1999), che riflettono la predilezione dell'architetto britannico per un design funzionale e high-tech, linee pulite e senza tempo, che si ritrovano nei suoi edifici, dove l'uso sapiente dello spazio e delle proporzioni crea ambienti eleganti e moderni..

Gli arredi e gli oggetti concepiti dagli architetti aggiungono un tassello in più alla comprensione del loro stile progettuale, e viceversa. Eccentriche e dinamiche, le sedie Hat Trick firmate da Frank Gehry (premiato nel 1989), incarnano perfettamente lo stile unico dell'architetto canadese naturalizzato statunitense, che si è distinto per la sperimentazione e l'innovazione nella progettazione architettonica, con opere iconiche come il Guggenheim Museum a Bilbao, la Walt Disney Concert Hall a Los Angeles, o, nella foto, la “Casa Danzante”, Sede degli Uffici Nazionali Olandesi di Praga. Le curve sinuose e le forme plastiche delle sedie richiamano le architetture iconiche di Gehry, caratterizzate da forme organiche e materiali inusuali, che conferiscono agli edifici un'aura di movimento e di sorpresa.