10.04.2024

Le storie

Carlo Ratti e l'arte del legno curvato: una tradizione alla quarta generazione

Nel vasto panorama dei mobili in legno curvato presenti sul mercato vintage, emerge preminente il nome di Carlo Ratti. A raccontarci la maestria di questo illustre designer e innovatore, insieme al suo lascito nella storia del design, sono la nipote Giulia Berruti e la pronipote Emanuela Berruti.

Quella del legno curvato è una tecnologia tuttora molto apprezzata dal design contemporaneo, e trova nel passato una potente fonte di ispirazione. Gli eleganti mobili disegnati da Carlo Ratti (Monza, 3 febbraio 1890 -1961) sono ottimi esempi dei primi pezzi realizzati in compensato curvato in Italia, che raggiunsero la massima notorietà negli anni ‘50 e ‘60. In origine scultore, Carlo Ratti intuì, sulla scia della rivoluzione dei mobili di Michael Thonet, che in Italia era arrivato il momento del mobile moderno: iniziò così, nella ditta di famiglia, a dedicarsi al compensato curvato insieme al fratello Mario, sperimentando svariate tecniche di curvatura del legno. Oggi, il lascito di Carlo Ratti vive la sua terza e quarta generazione attraverso il nipote Carlo Berruti — designer e CEO di Danber, un altro marchio della Carlo Ratti fondato alla fine degli anni ’70 — e attraverso la pronipote, la designer e creativa Emanuela Berruti. Abbiamo avuto l'occasione di un'interessante chiacchierata sia con lei che con Giulia Berruti (sorella di Carlo Berruti), imprenditrice nell’ambito della sostenibilità ambientale, che manitiene viva la storia di famiglia.

Tuo nonno è stato un innovatore nella storia del design made in Italy nato in Brianza. Qual è stata la transizione da artista a progettista e produttore di mobili?

Giulia Berruti: Mio nonno era un artista, faceva parte del movimento Famiglia Artistica Monzese. Non aveva un animo commerciale, però era uno sperimentatore, e inoltre l’azienda di famiglia produceva già mobili. È stato il primo a piegare il compensato in Italia. All’inizio lavorò con il fratello Mario e il nipote Antonio, che poi si staccò e fondò a Monza la propria azienda (Compensati Curvi), che lavorava con architeetti che sarebbero poi diventati famosi, come Vittoriano Viganò. Carlo Ratti proseguì la sua attività a Lissone con il figlio Angelo, la figlia Piera e successivamente il genero Piero Berruti. 

Tuo nonno è morto quando avevi 14 anni. Quali ricordi hai dei tempi in cui era attivo nel settore del mobile?

GB: Ho molti ricordi degli architetti e dei designer che venivano qui in fabbrica, da Joe Colombo ai fratelli Castiglioni, fino a Tito Agnoli; il nonno ha collaborato con loro per realizzare parti di mobili e sedie in compensato curvato, ad esempio collaborò con Carlo De Carli per produrre la sedia per Cassina che vinse il primo Compasso D'Oro. Morto il nonno, in fabbrica siamo entrati a lavorare, man mano che finivamo gli studi, noi cugini. Mio cugino Carlo Ratti sperimentò il legno curvato con i giovani architetti che arrivavano in fabbrica, e divenne uno storico del compensato curvato, scrivendo una serie di libri su questo tema. Piero si occupava del commerciale e Marita dell'amministrazione. Anch'io mi occupavo di vendita, mentre mio fratello proseguiva gli studi alla Bocconi.

Quali fenomeni favorirono il diffondersi del legno curvato in Italia?

GB: Carlo Mollino aveva già svolto le sue sperimentazioni con il legno massello curvato, mentre con Thonet si era assistito all’evoluzione del legno curvato in Europa; parallelamente, negli Stati Uniti c’erano Charles e Ray Eames… e nel Nord Europa Alvar Aalto… piano piano si assisteva a un’ evoluzione tecnica.

Carlo Ratti era un artista nel cuore. Chi era la mente commerciale?

GB: Era sua figlia (la mia mamma), Piera Ratti, amministratrice dell’azienda. Una figura fondamentale: aveva iniziato a lavorare a 16 anni presso la ditta Marelli di Brignano, sotto l’Ing. Quintavalle, imparando la contabilità industriale. A 16 anni, mia mamma era responsabile di 6 persone. Non era una persona creativa, dunque la combinazione manageriale con mio nonno fu vincente.

In che forme si diffuse principalmente il legno curvato e come si è evoluta nel tempo la sua produzione?

GB: Sedie, poltroncine e tavolini; in particolare, mio nonno era rinomato, oltre che per le sedute, per i suoi comodini. Quando ero ragazza, nei laboratori di legno curvato della Brianza venivano da Molteni a Flexform. Nelle botteghe più piccole si producevano i telai per i mobili, che venivano poi rifiniti nelle grandi aziende. I giovani come mio cugino sperimentavano, come ancora oggi fanno i designer contemporanei. C’è stato un momento in cui la storia di questo materiale ha preso, a mio avviso, una brutta piega: negli anni ’70 – ‘80 c’è stata una vera e propria “abbuffata” di legno curvato, sono via via sparite le sue forme più armoniose e difficili da realizzare. Il compensato curvato è costoso, fatto a mano; ne valeva la pena per l’alto design, ma per i semilavorati, con il tempo è diventato più attraente il poliuretano.

Hai mantenuto vivi contatti con il mondo legato a tuo nonno. 

GB: Sì, con mio cugino Carlo abbiamo sempre cercato di tenere viva la storia dell'azienda in cui siamo nati e cresciuti, ed è inevitabile tenere i contatti con chi ha fatto parte del nostro mondo, ad esempio Ignazia Favata, che gestisce lo Studio Joe Colombo; mi ha parlato di una sedia (mai prodotta) frutto della collaborazione tra mio nonno e il designer. Per organizzare il Fuorisalone che si è svolto a Monza, grazie all'assessore alla cultura Massimiliano Longo nel 2019, sono entrata in contatto anche con il nipote di Osvaldo Borsani e con aziende come la Kartell, che hanno creato musei storici.

Soprattutto, nel 1988, hai pubblicato insieme a tuo cugino Carlo Ratti il libro Il compensato curvato. I progetti e i progettisti italiani, una corposa raccolta di interviste ai designer che hanno introdotto il compensato curvato nei propri progetti. E per un periodo anche tu hai lavorato in azienda.

GB: Mia madre voleva che io facessi il suo lavoro, quindi ho lavorato in azienda per un pò; abito a Lissone vicino alla vecchia fabbrica, e amo diffondere la storia legata a mio nonno. Ma il mio percorso è stato un altro. Con il mio bagaglio familiare e la mia formazione ho iniziato negli anni ‘90 a organizzare diversi  eventi sulla sostenibilità nel settore ambientale, dalla costruzione fino all’arredo, come la fiera Habitat Clima di Monza. In questo momento sono editore della rivista Casa Benessere, fondata sulla casa sostenibile attraverso interviste e organizzazione di eventi, e recentemente sto seguendo progetti per la riqualificazione degli androni degli edifici.

Com’era tuo nonno al di fuori del suo avoro?

Amava la gente, circondarsi di persone, e aveva un ottimo rapporto con noi nipoti: gli interessava soprattutto che noi e i nostri amici potessimo divertirci, tanto che ci aveva costruito un teatro in cui recitare! Tuttavia, diventava molto severo se entravamo in posti della fabbrica che ci erano proibitii! Al di là dell’azienda, la famiglia è sempre stata la sua priorità.

Emanuela, insieme a tuo padre Carlo, porti avanti il marchio Danber. In che modo il lascito del tuo bisnonno Carlo Ratti è presente in questa realtà?

Emanuela Berruti: Tutto il nostro know-how viene dal bisnonno. Dalla storia dei prodotti allo stabile, fino ai nostri macchinari, perlopiù originali. Il compensato curvato, di cui il nostro bisnonno era un precursore è ancora oggi la nostra essenza. Nonna Piera era sicuramente molto brava, perché sviluppando prodotti curvi e semilavorati per conto di terzisti, era riuscita a trasformare la ditta in terzista, vendendo a grandi aziende. 

Come è nato Danber?

EB: Mio padre Carlo Berruti è un designer, e fin da piccolo, quando giocava con le lamiere curvate in legno, respirava il mestiere del nonno. Danber è il marchio “braccio destro” della ditta del nonno, sviluppatosi verso la fine degli anni '70. Con la diffusione del compensato curvo e l'arrivo sul mercato di altri materiali come la plastica e il policarbonato, mio padre ha iniziato la propria produzione di mobili. Inizialmente utilizzava gli stampi originali della fabbrica! Negli anni ’90 (io ho iniziato a lavorare in azienda nel ’97), mio padre decise di vendere direttamente ai clienti e non ai rivenditori. A poco a poco, i suoi pezzi si sono evoluti in mobili laccati. Poi, complice la sua conoscenza con gli artisti, è nata l’idea di realizzare mobili dipinti. 

Quali sono le innovazioni introdotte da Danber nel settore del legno curvato?

EB: La nostra evoluzione storica consiste nell'allontanarci dall’innovazione di Carlo Ratti, dando vita a un’altra innovazione: il mobile curvato decorato. Da qui nascono le collezioni Sole e Luna, le cassettiere e i comodini. A un certo punto è nato il quadro curvato, una tavola-scultura, su cui i nostri decoratori si sono ispirati a grandi pittori come Picasso o Modigliani, dipingendo sul pannello scene e soggetti di propria interpretazione. Questo concetto è stato trasposto sui mobili curvati: si tratta di pezzi unici, poiché prodotti esclusivamente su commissione, caratterizzati dal progetto pittorico che il cliente desidera. Progettati per durare, sono arredi senza tempo perché non seguono la moda, e si inseriscono in contesti arredativi diversi, dall’antico al moderno, fino all’eclettico.

Com’è la vostra realtà oggi?

Oggi Danber è una piccola realtà super artigianale: produciamo in fabbrica l’80% del mobile e solo la decorazione pittorica è svolta esternamente. Ci siamo ridotti, ma l’involuzione produttiva ha combaciato con un’evoluzione progettuale. In Francia, paese dove abbiamo molta visibilità, Danber è stato definito l’”antiquariato del futuro”.