27.05.2019

Interviste

Parola al "Datore di luce"

Ci fa piacere condividere con la community di intOndo quello che abbiamo imparato da Adriano Caputo, architetto che si definisce "Datore di luce" piuttosto che lighting designer e che per mestiere illumina opere e contesti storici per presentarli ad un pubblico moderno.

Ci fa piacere condividere con la community di intOndo quello che abbiamo imparato da Adriano Caputo, architetto che si definisce "Datore di luce" piuttosto che lighting designer e che per mestiere illumina opere e contesti storici per presentarli ad un pubblico moderno. Con la sua expertise in conservazione preventiva di opere d’arte nei musei, in tecniche espositive, illuminazione e progettazione di allestimenti in musei e mostre temporanee, ci ha letteralmente schiarito le idee sul tema del rapporto tra luce funzionale e luce ambientale, dandoci spunti interessanti anche su come allestire le luci a casa nostra.

La nostra intervista con Adriano si è svolta all'aperto, nella quiete di un bel parco, in una giornata di aprile particolarmente soleggiata. Ma la conversazione è stata tutta fondata sugli interni: come illuminarli a dovere, ma soprattutto come dotarli di luci di design, da collezione o vintage senza sacrificare estetica e funzionalità.

Qual è la prima cosa che fai quando ti avvicini ad un ambiente da illuminare?

Una volta la casa o il museo erano considerati solo dei contenitori, una parola che, a mio avviso, è svilente per il luogo. I luoghi sono luoghi del cuore, dell'anima, della memoria e soprattutto luoghi di vita vissuta, che hanno respirato non solo oggetti, ma anche le persone che hanno fatto vivere quegli oggetti. Bisogna dunque scovare l'anima di ciascun luogo.

Per questo nel mio lavoro sono sempre molto attento a cogliere quello che i latini chiamavano il genius loci del luogo fisico, e anche qualcosa di più: lo spirito del tempo, ovvero mi curo molto di individuare i segni che il tempo ha lasciato all'interno del luogo. Per esempio penso sempre a come è stato utilizzato questo ambiente, perché soprattutto in Italia, molti edifici hanno una destinazione diversa da quella originale. 

Non ci si pensa spesso, ma la luce è un'invenzione moderna: gli antichi andavano a letto al tramonto e si svegliavano all'alba, per cui la luce era un problema quasi inesistente. I primi oggetti nati come fonti di luce destinate a ravvivare gli ambienti furono prodotti soprattutto per luoghi nobili, gli unici ad essere illuminati la notte per feste, per motivi di sicurezza o per altro. Si trattava di case nobiliari e vescovili, ovvero delle abitazioni degli stessi committenti di opere d'arte e beni artistici. Per questo è venuto quasi naturale dare un significato anche estetico alle fonti luminose, oggetti che di per sé sarebbero stati solo funzionali.

Per i progetti museali o quelli in cui si deve esaltare un oggetto dal valore storico-artistico io tendo a lavorare per riflessione, utilizzando la luce indiretta. Questa è da preferire alla luce diretta perché il più delle volte l'oggetto da illuminare non era nato per essere illuminato artificialmente. Basta pensare ai dipinti a fondo oro o ai mosaici bizantini.

Come ti comporti invece nel caso in cui le lampade sono esse stesse delle opere di valore?

Quando dico che mi sento più "Datore di luce" che lighting designer penso al teatro, dove la luce serve a trasmettere le emozioni e le sensazioni di un testo scritto da uno sceneggiatore e inscenato da un regista. Tendo a fare l'ascoltatore di un luogo. Per me è importante rispettare le lampade scelte dal cliente a partire dai pezzi vintage, da collezione o storicizzati. Per esempio amo le lampade di Castiglioni, della Flos o di Artemide che sono diventate delle vere e proprie icone del nostro tempo.

Non sempre però queste lampade offrono una luce utile ad esercitare la funzione desiderata e io ritengo che non sia un gran problema: è l'oggetto in sè che è bello... anche spento! L'eccezionalità del design italiano sta proprio nel riuscire a far funzionare una lampada anche da spenta. Per questo spesso io penso a curare la luce ambientale, ovvero quella che trasmette l'atmosfera di un luogo, e lo faccio inserendo fonti di luci nascoste, come strisce a led o micro faretti che non fanno altro che amplificare l'effetto delle luci vintage o di design che restano per la gradevolezza estetica dell'occhio oltre che per la loro funzione: piantane, lampade a sospensione o lampade da tavolo vintage o di design. 

Immaginatevi una scena al cinema dove un attore fuma una sigaretta vicino a una lampada accesa. Sembra che sia l'oggetto a fare luce, ma in realtà ci sono dieci proiettori invisibili, accesi a monte della telecamera, che creano l'atmosfera. La singola lampada in sè potrebbe creare solo una macchia di luce, non in senso dispregiativo, ma per dire che la sua luce sarebbe solo funzionale e non contribuirebbe ad esaltare il genius loci

Il gioco sapiente sta nell'accendere una lampada di design vintage e contemporaneamente far azionare altre luci, impossibili da scovare, che creano un atmosfera più gradevole. La poesia del mio mestiere sta proprio in questo: nel celare la luce. Come diceva il Bernini: "...della luce si deve vedere solo l'effetto.' Il mio è un gioco sottile di componenti che devono avere il tempo di depositarsi nei luoghi giusti.