28.01.2021

Le storie

Thonet v/s Chiavarina

Oggi abbiamo deciso di mettere a confronto due grandi classici, due sedie che hanno alle spalle due secoli di storia e sono ancora pezzi d’arredamento altamente ricercati: la sedia Thonet e la seggiola di Chiavari. Scopri con noi cosa hanno in comune e cosa distingue questi due oggetti senza tempo.

Si potrebbe rinominarle la fast chair e la slow chair, stiamo parlando di due capisaldi dell’arredamento classico e senza tempo, la famosa sedia prodotta dalla Fratelli Thonet (la n. 14 per intenderci) e la mitica seggiola Campanino di Chiavari. Entrambe prodotte per la prima volta nell’Ottocento - la sedia di Chiavari nel primo decennio dell’Ottocento e la n.14 nel 1859 - sono state il frutto del progressivo diffondersi del commercio internazionale in Europa e hanno seguito strade diverse incontrandosi a qualche crocevia.

La sedia Viennese per eccellenza prende il suo nome dall’azienda fondata da  Michael Thonet (1796-1871) intorno al 1819, ma viene con tutta probabilità ideata da uno dei suoi figli, August Thonet (1859-1910) nel 1859. L’idea dei Thonet era quella di snellire il processo di produzione abbassando costi e tempi della fabbricazione mobili da offrire alla borghesia europea. Così, usando la tecnica del legno di faggio curvato i Thonet erano stato capaci di produrre moduli identici e “pre confezionati” a cui applicare alcune varianti decorative come il decoro di gambe e schienali. La sedia n.14 ebbe un successo sconfinato con una media di produzione annua di 230.000 fino ai primi del ‘900.

La si può definire la fast chair perché venne progettata, come anche il resto dei mobili prodotti dalla Gebrüder Thonet, per coprire una strategia di vendita estremamente efficace ed efficiente. La clientela non si limitava solo al settore privato, le sedie venivano proposte con tempi di consegna imbattibili anche a bar, caffè e ristoranti. La sedia si compone di 6 parti in legno di faggio curvato più la ferramenta e veniva spedita smontata per poi essere facilmente assemblata dei distributori nelle maggiori città europee. Questa impostazione strutturale permetteva di trasportare 36 sedie Thonet smontate con un packaging che occupava circa 1 metro cubo e che, tra l'altro, non destava l’attenzione dei controlli doganali. Insomma un progetto di design industriale dalla A alla Z, forse il primo di successo a noi conosciuto.

La sedia di Chiavari invece nasce 50 anni prima per l’iniziativa imprenditoriale del marchese Stefano Rivarola, che nel 1807 tornò da Parigi con alcune sedie che lo avevano colpito per la loro eleganza. Egli le propose, come modello, ad alcuni dei migliori artigiani chiavaresi, offrendo così la prima ispirazione al migliore ebanista della città, Giuseppe Gaetano Descalzi (1767-1855) detto il Campanino. Non accontentandosi di copiare un oggetto già fatto, l’artigiano ligure si mise in testa di creare la seduta che combinasse la perfetta proporzione tra solidità, leggerezza ed eleganza. Nacque così una seggiola con seduta in corteccia di salice intrecciata con finissime gambe tornite e schienale a stecca arrotondata dal peso di appena 1 kg. La leggenda vuole che per superare la prova di robustezza il Campanino l'avesse gettata dal secondo piano della sua abitazione e la seduta fosse rimbalzata senza rompersi.

La Campanino, chiamata così in onore del Descalzi che proveniva da una famiglia di Campanari, è ancora oggi una delle icone della produzione artigianale italiana e, seppur ne esistono alcune varianti, la sua struttura è rimasta intatta. Un prodotto slow, perché creato aspettando una stagionatura del legno al naturale (almeno 1 anno per ogni centimetro di spessore); perché la sua seduta è impagliata ancora a mano da abili impagliatrici di Chiavari che usano ormai giunchi leggermente diversi, ma con la stessa compattezza per creare una seduta elastica e comodo; e perché è un vero pezzo di eleganza italiana senza tempo che continua ad essere prodotto da varie aziende nella zona di Chiavari, come fosse un abito sartoriale.

Ad intOndo non abbiamo una preferita tra le due, quello che ci piace davvero è il loro design senza tempo, la loro eleganza e soprattutto la loro storia così diversa, ma allo stesso modo ricca di sapore.