20.05.2021

Interviste

6 oggetti per un ritratto di Maria Cristina Finucci

Architetto, artista e presidente fondatrice del Garbage Patch State, Maria Cristina Finucci è una donna decisamante sopra le righe. Scoprite con noi come le sue competenze e la sua vita errante l’hanno portata a riflettere in maniera inedita e originale su una realtà che ci tocca tutti da vicino, l’inquinamento marino.

Oggi scopriamo 6 oggetti che ci parlano di una donna che è un’istituzione - nel vero senso della parola. Maria Cristina Finucci, lucchese di origine, ma vera cittadina del mondo, è architetto di formazione e professione, oltre che affermata artista internazionale. Negli ultimi decenni il suo linguaggio creativo l’ha portata a fondare il Garbage Patch State, un’entità nazionale che rappresenta quei 16 milioni di chilometri quadrati di plastica che galleggia abbandonata in mezzo agli oceani. Il suo è uno stato riconosciuto da tutte le maggiori istituzioni internazionali, ma che non è visitabile. Esso è da tempo presente nell’immaginario collettivo, ma per la prima volta ci “parla” attraverso Wasteland, la serie di installazioni artistiche che Maria Cristina ha portato a Parigi, Venezia, Madrid, Roma, New York, ma anche nelle sedi centrali dell’ONU e dell’UNESCO, al MAXXI di Zaha Hadid a Roma, oltre che a Mozia e in altri importanti centri culturali del mondo. 

Il suo messaggio parte dunque dall’emergenza marina e si diffonde attraverso una dialettica completamente inedita in cui i materiali plastici (non solo quelli di scarto, ma soprattutto elementi selezionati e composti secondo criteri ben precisi), interagiscono su vari livelli con università, luoghi di cultura, paesaggi urbani, ambienti pubblici e privati, riconquistando così una relazione diretta con i loro legittimi proprietari: i produttori e i consumatori.

 

1. Il piatto di Frediano

Questo è l’oggetto a cui tengo di più al mondo. Un piatto che mio figlio primogenito, Frediano, mi ha donato per la festa della mamma quando frequentava ancora le elementari a New York. Rappresenta la nostra famiglia all’estero, ancora di più tutti sulla stessa barca sotto un cuore formato da tanti filamenti che si librano nel cielo. La cosa intelligente del disegno secondo me è come ha saputo utilizzare il mare come elemento decorativo che contorna il piatto.

 

 

2. La collana di perle nere

Questa collana di perle nere me la ha donata mio marito venti anni fa. Cercava proprio queste perle che sono rare e che con qualche difficoltà ha fatto arrivare dal Giappone, ma sono le ultime perché a causa dell’inquinamento dei mari queste particolari ostriche non si riproducono più. Chi lo sa se questo è stato il germe che mi ha fatto, in seguito iniziare la mia battaglia per la salvaguardia degli oceani.

 

3. La Vespa Piaggio

Questa è l’ultima, in ordine di tempo della serie di Vespe che ho avuto ed è elettrica. Non emette gas di scarico, non fa rumore e mi piace tantissimo. La vespa precedente era rossa ed è durata quindici anni. Per me la vespa significa libertà, è ormai diventata quasi un’estensione di me stessa, un po’come i miei sci che ahimè metto sempre più di rado. Ecco, mi sembra quasi di sciare quando guido la mia Vespa!

 

 

4. La gomma elettrica

Quando nel 1989 ci trasferimmo a NY iniziai a frequentare molti studi di architettura. Ancora si disegnava a mano e vedevo che tutti usavano la gomma elettrica. Chi abbia un po’ di familiarità con il disegno a china sa che l’inchiostro è indelebile, ma non per questa gomma. In ogni caso anche con qualsiasi tipo di matita la possibilità di cancellare in maniera millimetrica e pulita è importantissima. Questo piccolo attrezzo per me fu una svolta, funziona ancora e la uso in continuazione, mi ha accompagnato tutti questi anni nei miei disegni. Anche i miei figli quando erano piccoli la usavano, è quasi una di famiglia.

 

 

5. Maria Cristina Finucci: Help, libro a cura di Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, Rizzoli, 2020

E’ un oggetto recente questo volume edito da Rizzoli, ma essendo una mia monografia racconta tutta la mia vita professionale. I curatori lo hanno scritto durante il primo lockdown. Avevamo delle sessioni zoom quasi ogni giorno durante le quali ho ripercorso tutta la mia carriera e risposto a domande che non mi ero mai posta e che invece mi hanno fatto scoprire dei lati del mio lavoro che non immaginavo, una specie di psicanalisi. Inoltre sono stata costretta a mettere un po’ di ordine nel mio archivio fotografico il che mi ha fatto ritrovare delle immagini che non ricordavo neanche più. Un lavoro molto intenso, è come se avessi sciolto finalmente dei nodi, molto liberatorio.

 

6. La consòle

Quando ero adolescente e un po’ ribelle amavo le cose moderne consideravo dei vecchiumi i mobili e gli oggetti di casa. Come reazione ho arredato la nostra prima casa in maniera tutta moderna con i mobili di design che avevo sempre desiderato. Con il tempo, invece ho iniziato ad apprezzare gli oggetti con una storia che mi piace mescolare insieme a quelli contemporanei. Adesso faccio tesoro dei bei mobili che ho ereditato e curo con grande amore ogni oggetto, ogni libro, ogni dipinto che parli della mia famiglia. Questa consòle del settecento è uno dei miei pezzi preferiti che ho inserito in un fienile coevo in Maremma. Il contrasto è forte, ma a mio avviso meraviglioso.