02.03.2022

Le storie

Nel mondo di Poggi

Continua la ricerca di intOndo alla riscoperta delle aree italiane che dal ‘900 tramandano la tradizione mobiliera: oggi parliamo di una ditta pavese che ha fatto del confronto tra sapere artigianale e design innovativo il proprio marchio di fabbrica. Oggi non è più attiva, ma i suoi mobili in serie hanno impresso il proprio stile unico nella storia del made in Italy.

Innanzitutto, come si distingue un mobile vintage firmato Poggi? Osserviamo alcuni dei più iconici, come il tavolino Cicognino del 1953 o la poltroncina Luisa del 1950, entrambi prodotti su progetti di Franco Albini. Eleganza sobria e funzionalità sono al primo posto nonostante le forme innovative e dinamiche di questi arredi: come si leggeva in occasione della mostra “Il mondo di Poggi. L’officina del design e delle arti”, dedicata a Poggi presso il Politecnico di Milano nel 2017, «è come se l’oggetto fosse stato scomposto nei suoi elementi essenziali, poi letteralmente rimontati in un unicum che conserva tuttavia la distinzione chiara tra le parti».

Questi oggetti dalle linee inusuali sono frutto di calcoli delle proporzioni e incastri studiati: una semplicità che cela soluzioni tecniche complesse, che danno vita anche a mobili modulari, e quindi funzionali. Ne è un esempio la libreria Infinito disegnata per Poggi da Albini nel 1956: non ha bisogno di essere fissata al muro, offre una doppia superficie, cioè un divisorio con due lati che ospitano librerie e altre soluzioni contenitive, e i montanti sono fissati al pavimento e al soffitto.

A trasmettere la passione e l’arte della falegnameria a Roberto Poggi (1924), — nella foto — e al fratello Ezio Poggi (1928-62) fu il padre Carlo che, da un piccolo laboratorio a Pavia, diede vita alla ditta Luigi Poggi e Figli, lavorando a progetti su commissione. Siamo negli anni '30, la ditta è ben avviata e quando, alla morte di Carlo, gli succedono i figli, ci troviamo negli anni '50: è l’inizio per il marchio delle importanti collaborazioni con progettisti italiani di rilievo, da cui nasceranno molti dei best seller firmati Poggi.

Come avrete intuito, Franco Albini è una delle figure maggiormente accostate al nome di Poggi. L’architetto e designer milanese progettò per la ditta mobili in esclusiva, instaurando con essa un sodalizio durato trent’anni. Più che una collaborazione gli storici lo definiscono un vero e proprio confronto, uno scambio continuo tra due forze: da una parte Roberto, artigiano appassionato alla pittura e all’arte, e che dunque si proponeva come ispiratore stesso del designer; dall’altra un architetto innovativo, sensibile alle tendenze della cultura architettonica e artistica milanese degli anni '50. La storia racconta che nonostante le proprie opinioni i due condividessero sempre l’analisi delle ragioni funzionali dell’oggetto, un concept che ha dato vita ad arredi di serie assolutamente iconici.

Spesso si trattava di arredi nati per committenti privati, poi diventati di serie, come lo scrittoio 840 Stadera del 1954: elegante, sempre originale nella forma perché il top si dimostra davvero inusuale, con profondità diverse e due spessori differenti. Realizzato per la prima volta per la casa a Genova di Caterina Marcenaro — collezionista di opere d’arte e in quegli anni direttrice dei Musei Civici di Genova —, lo scrittoio ha una sola gamba e vive sull’equilibrio impostato dalla diseguaglianza dei bracci, proprio come nella bilancia da cui prende il nome.

Oltre a Luisa, Cicognino, Infinito, Stadera, Poggi ha messo in produzione per Albini il tavolo Cavalletto e la poltrona Tre Pezzi (1959), ma la storia di questa ditta si intreccia con numerosi altri grandi progettisti italiani del ‘900, tra cui spiccano Corrado Levi e Laura Petrazzini, Umberto Riva, Renzo Piano, Vico Magistretti, Ugo La Pietra, Marco Zanuso, Afra e Tobia Scarpa, figure di rilievo che hanno accompagnato i progetti del marchio, che ha cessato la propria attività nel 2010. Non perdere il prossimo appuntamento di intOndo dedicato alle aziende di arredamento da non dimenticare, e ai mobili unici che esse hanno saputo creare in collaborazione con i grandi progettisti del '900.