08.09.2022

I famosi

La scatola di vetro: il talento di Lina Bo Bardi

Prosegue la rassegna di intOndo alla riscoperta dei talenti italiani che hanno fatto del mondo il teatro delle loro opere più significative. Ci tuffiamo nel cuore del Brasile, una terra in cui l’architetto e designer Lina Bo Bardi ha trovato la sua massima realizzazione creativa.

Pensate a grandi open space illuminati da gigantesche vetrate apribili che collegano il pavimento al soffitto, collocatevi i più ricercati arredi d’autore degli anni '50 abbinati a opere d'arte antiche e astratte… aggiungete cromie semplici ma studiate nei dettagli e immaginate la più lussureggiante vegetazione brasiliana che fa quasi ingresso negli spazi della casa, per travolgerci, e avvolgerci: questo archetipo di casa da sogno razionalista altro non è che la Casa de Vidro (la casa di Vetro) progettata nel 1951 a San Paolo, Brasile, dall’architetto italiano Lina Bo Bardi (Roma, 1914 – San Paolo, 1992). A lei, spesso connotata come la prima “archistar”, Milano ha intitolato una piazza.

Una dimora che va oltre il puro razionalismo nonostante sia pregna degli insegnamenti di Le Corbusier, del Bauhaus e del razionalismo americano con in testa Mies Van der Rohe, la Casa di Vetro esibisce tocchi di originalità che la rendono non soltanto uno scrigno della cultura più eclettica del '900, ma un modello architettonico di grande ritorno e successo nell’ambito delle nuove progettazioni. Con i volumi robusti delle sue stanze, e staccata dal terreno con un grande salone sorretto da sottili pilastri, la casa guadagna la vista dall'alto e attraverso le immense vetrate conquista quell'estremo avvicinamento alla natura che Lina ricercava.

Lina Bo Bardi, all’anagrafe Achillina Bo, fece di questo progetto la propria casa e di suo marito, il critico e mercante d’arte Pietro Maria Bardi, che sposò subito dopo la seconda Guerra Mondiale, e con il quale si trasferì in Brasile nel 1946 per intraprendere, tra i vari progetti che l'avrebbero legata per sempre a una intensa vita brasiliana, la creazione del MASP nel 1968 (Museu de Arte de São Paulo).

Uno dei progetti più acclamati nel mondo firmati Bo Bardi, e ulteriore emblema dello stile semplice ma ingegnoso della progettista, il museo si presenta come una sorta di scatola sospesa che contiene gli spazi espositivi, risultato di un geniale progetto ingegneristico in cui la sezione superiore è collegata ai livelli inferiori attraverso un ascensore di vetro.

Dopo la guerra, dopo il bombardamento che nel 1943 distrusse il suo studio, evento che l’aveva spinta a diventare un’attivista del Partito Comunista Italiano, oltre che editor, al fine di documentare la distruzione che aveva colpito l'Italia durante la guerra, partendo dall’Italia Lina si lasciava alle spalle il lavoro con il maestro Gio Ponti, nel cui studio era approdata in seguito alla laurea in architettura a Roma. Un bagaglio importantissimo, che insieme all’innato gusto italiano di Lina, e alla sua capacità narrativa, è stato complice dell’eleganza naturale emanata dai suoi progetti.  

Nella Casa De Vidro, oggi associazione no profit visitabile su appuntamento, si denotano assonanze con le dimore progettate da Ponti in Venezuela e Iran durante i medesimi anni, anche se Bo Bardi mantiene vivo il concetto — se vogliamo l'austerità — della glass house razionalista tipicamente americana, impersonificato al meglio nella celebre Casa Farnsworth di Chicago, uno dei più celebri progetti firmato dell'architetto e designer Ludwig Mies van der Rohe.

Al contrario degli ambienti principali, le stanze della zona notte della Casa de Vidro sono molto piccole ed essenziali. Per la sua residenza, Bo Bardi non aveva rinunciato alla personalizzazione di ogni dettaglio: disegnò ad hoc poltrone imbottite su struttura di metallo laccato, poi sedie in pelle con struttura in ferro tubolare nero, accostate a un'altra sua creazione, la Bowl Chair (1951), dal sapore spiccatamente Space Age. Gli arredi si posano sull’originale e gradevole pavimento in mosaico celeste, a cui sono abbinate tende in juta dall’impatto materico tipico del design latinoamericano: un insieme di accostamenti di oggetti da collezione che sviluppa un mix eclettico destinato a durare nel tempo.

In questi spazi essenziali ma accoglienti possono convivere con disinvoltura un quadro di sebastian Matta e un vaso di Emile Gallé di inizio '900 che, estrapolato dal suo originario contesto Art Nouveau, acquista nuovi significati intrecciando le sue forme sinuose con quelle della natura che fa capolino dalle vetrate. E anche la serie di sedie Savonarola toscane, certamente inaspettate in questo scenario, non turba affatto la cucina anni ‘50 e i suoi fornelli industriali, ma anzi fa emergere ancora più netto lo spirito curatoriale di Lina Bo Bardi, a cui quest'anno la Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia ha conferito il Leone d'Oro alla memoria.

«La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell'architetto [...] come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi inoltre incarna la tenacia dell'architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione, e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza», ha spiagto il curatore della rassegna, Hashim Sarkis.