20.01.2020

Le storie

Una casa in stile disco

Epicentri della cultura Pop, dagli anni '60 ai 2000 i nightclub sono stati luoghi di avanguardia e sperimentazione che tornano a ispirare l’interior design. Due mostre ripercorrono la storia e l’arredamento di alcune leggendarie discoteche, opere d’arte totali in cui architettura e mobili iconici si fondevano in un tripudio di luce, design e musica.

È un campo del vintage spesso inesplorato quello che ha a che fare con gli interni di famosi locali e discoteche-mito; come se non bastasse, buona parte di questi arredi e oggetti del passato sono andati persi, talvolta distrutti, diventando una rarità da intenditori. Per ricreare atmosfere da “Febbre del sabato sera” nella propria casa si può puntare sul glamour scintillante dei mobili vintage anni '70, con i suoi metalli preziosi, gli specchi e gli avvolgenti arredi modulari. Sicuramente d’effetto anche i giochi ottico-luminosi di certi oggetti di Nanda Vigo, insieme ad alcune lampade di Gino Sarfatti, Joe Colombo, Giotto Stoppino e Vico Magistretti, intrise di uno spirito futurista tipico della Space Age.

Attraverso fotografie e documentazioni, è sorprendente notare quanta cura l’universo dei nightclub abbia dimostrato nei confronti di architetture e arredi dagli anni '60 fino ai tempi attuali. Si scopre per esempio, che il famoso Area di New York, un mito del clubbing esistito per soli cinque anni dall’'83 all’'87, si imbatteva ogni mese in grandi investimenti per cambiare completamente il suo arredo, in base al tema scelto per le sue stravaganti feste a tema.
 

E in effetti, gli spazi per ballare più sperimentali di tutti i tempi sono quelli in cui lo scopo era costruire un'opera d'arte totale, un ambiente in cui la musica fosse soltanto una parte di un'esperienza più ampia, costruita sul fondersi di atmosfere, pezzi di design e luci attentamente studiati da architetti e progettisti. In Italia ne è un valido esempio la struttura modulare dello Space Electronic di Firenze, un nightclub progettato del '69 dallo studio di architettura radicale Gruppo 9999, creata per mutare aspetto a seconda dell'evento, che si trattasse di un happening, di un concerto o di una mostra.
 
È dunque la teatralità, con una buona dose di ironia e dissacrazione, a guidare la progettazione dei dance floor di tendenza degli anni '60 e '70, popolati da divanetti e poltroncine modulari firmati dai protagonisti del design radicale, una corrente che oltre al Gruppo 9999 includeva, tra i più celebri e richiesti, Ettore Sottsass, Superstudio, Alessandro Mendini, Gaetano Pesce, Arata Isozaki in Giappone e Rem Koolhaas in Inghilterra. Caratteristiche delle espressioni di architettura radicale sono anche le sperimentazioni dello Studio 65 capitanato da Gianni Arnaudo, autore dell’iconica poltroncina “Aliko”, disegnata ad hoc per la discoteca Flash Back di Borgo San Dalmazzo (Cuneo) nel '72, e prodotta da Gufram. Considerato un locale simbolo dell’architettura delle discoteche d’avanguardia (tanto da guadagnarsi la copertina di Domus nel '79), il Flash Back appariva, su progetto di Arnaudo, come una misteriosa piramide con annesse colonne di ispirazione palladiana.
 

E che dire delle sedie in vetroresina montate sopra un cubo in legno che arredavano il Piper Club di Torino, rieditate in edizione limitata nel 2018 da Gufram? Ebbene sì, oltre allo storico Piper di Roma c’è anche quello di Torino, attivo dal '66 al '69, uno spazio dagli interni modulari tecno-pop progettati da Pietro Derossi, Giorgio Cerotti e Riccardo Rossi. Tra gli arredi destinati al dancing made in Torino non vanno poi dimenticate le poltroncine in pelle colorata di Carlo Mollino, che arredavano gli interni della sala da ballo Lutrario-Le Roi, progettata tra il '59 e il '60 dall’architetto torinese: ormai rarissime, le loro stime in asta si aggirano sui 5000 euro. Per una coppia di sedie girevoli “nr. 400” di Roger Tallon invece, quintessenza dello stile postmodernista destinate al nightclub Le Garage di Parigi, i prezzi viaggiano anche sui 10.000 euro per una coppia di sedute.
 

Per comprendere il ruolo cruciale del design nelle discoteche degli ultimi 50 anni, da quelle sopra citate al mitico studio 54 di New York, ecco due grandi mostre in procinto di inaugurazione: “Night Fever. Designing Club Culture 1960 – Today”, mostra itinerante curata dal Vitra Design Museum, che dal 25 gennaio al 27 settembre animerà il Design Museum Danmark di Copenhaghen. Il 13 marzo invece, si inaugura a New York “Studio 54: Night Magic”, visitabile fino al 5 luglio presso il Brooklyn Museum: l'estetica pionieristica della discoteca più iconica di tutti i tempi è raccontata attraverso l'indagine dei cambiamenti politico-sociali della New York a cavallo tra gli anni '70 e '80.