11.01.2023

Le storie

Le sculture casalinghe di Superstudio

"Firenze invasa dalle acque e colpita al cuore nella sua bellezza inarca i pensieri e li spinge lontano." Arata Isozachi, 1977. Scopriamo insieme come la nascita di Superstudio, subito dopo l'alluvione di Firenze del 1966, segna un capitolo importante per l'architettura radicale e l'arredamento della casa.

Alle porte della rivoluzione sessantottina la corrente radicale irruppe nel campo dell’architettura e del design, a Firenze, con la fondazione del gruppo Superstudio (1966), nato da un insieme di architetti e nuovo emblema di uno spirito critico nei confronti del movimento modernista. 

Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia, Roberto e Alessandro Magris, Gian Piero Frassinelli e Alessandro Poli, con Superstudio, diventarono il simbolo di un design affrancato dal funzionalismo e razionalismo, animato da spirito creativo, reinvenzione continua e volontà contemplativa. Gli oggetti del gruppo “solleticavano” tutti i sensi, in particolare tatto e vista, alla ricerca di spazi di libertà nell’apatia del modernismo.  

Tra le produzioni più iconiche di Superstudio, incarnazione di questo sentimento, troviamo il Bazaar, divano modulare composto da poltrone in vetroresina a doppia curvatura con nervature, imbottitura in espanso e rivestimento in tessuto acrilico. Con una struttura che sembrava richiamare la zucca magica di Cenerentola, questo divano rispondeva alle necessità dell’individuo ma anche della collettività, creando uno spazio aperto e conviviale, una piccola isola di condivisione. Un oggetto eccentrico e visionario che, svincolato dal binomio forma-funzione, si apriva alla poetica delle linee e delle forme.  

Dalla contaminazione degli spazi con la corrente della Pop Art nacque invece il divano Sofo, uno dei primi progetti di Superstudio, rimesso poi in produzione da Poltronova. Anch’esso modulare, è realizzato in poliuretano espanso ed è caratterizzato da un particolare taglio a S. Il gioco dei colori e le linee pop racchiudevano ispirazioni di tipo futuriste e surrealiste. Qui forma e stoffa diventano elementi imprescindibili del divano: è il tessuto a dare vita al progetto che «sembra un grande oggetto colorato, forse un po’ astratto, come tutte le cose con un po’ di gioia che sembrano cose di un altro mondo» (Adolfo Natalini, Superstudio 1966). 

Con questi due divani Superstudio affermava il carattere contemplativo dell’arredamento, fuori dal suo ruolo funzionale. Vere e proprie sculture casalinghe impossibili da ignorare, oggetti ingombranti fisicamente ed emotivamente che spezzassero l’indifferenza negli spazi del vivere, nella consapevolezza che la casa è il ritratto di chi la abita e quindi un’immagine viva e poetica.

La carica innovativa di questi modelli gli ha garantito il titolo di pietre miliari del design italiano, oggi sono oggetti rari battuti alle aste internazionali a prezzi molto elevati.